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L'autotrasporto chiede la riforma contro i furbetti

Crescono le imprese iscritte all'albo che non hanno neanche un camion

L'autotrasporto non è più un settore per camionisti? La domanda, o meglio la costatazione, arriva da Cinzia Franchini, presidente di Ruote Libere, raggruppamento autonomo di imprenditori dell' autotrasporto. "Sembra un paradosso ma ormai l'autotrasporto non è un settore per camionisti", dice Franchini riferendosi al fatto che in Italia si assiste alla crescita delle imprese iscritte all'albo che non possiedono neanche un veicolo mentre, dall'altro lato, chiudono i battenti le piccole imprese nelle quali il titolare è spesso lo stesso autista del mezzo.

L'albo degli autotrasportatori, sottolinea il presidente, certifica che al 31 marzo risultano attive 99.196 imprese mentre quelle sospese risultano essere 1.614: in aumento le imprese senza alcun veicolo che attualmente sono pari a 18.171 unità, pari al 18,32% del totale. D'altro canto scendono di 955 unità rispetto al 2020 le piccole aziende: quelle con solo un veicolo rappresentano il 21,43% del totale e sono 21.258. Le piccole imprese che hanno fino a 5 veicoli sono 32.711, il 32,98% del totale.

"Sono due i dati che ci preoccupano enormemente" spiega Franchini. "Prima di tutto, l'aumento delle imprese iscritte all'Albo senza essere in possesso di almeno un veicolo. Una vera e propria piaga da eliminare. Protagoniste sono le società che fanno un'intermediazione volta ad accaparrarsi commesse per poi vendere i trasporti ad altre aziende, trattenendosi una parte del compenso. L'altro dato sconfortante -sottolinea il presidente di Ruote Libere- è la chiusura di 955 imprese artigiane nelle quali il titolare è spesso anche l'autista del mezzo a dimostrazione della difficoltà che le piccole imprese stanno da anni subendo".

"Continuiamo a chiedere con forza di pensare all'autotrasporto come a una grande opportunità per il Paese e di impostare quella riforma strutturale attesa da tempo. Una riforma -conclude il presidente- che metta al centro le esigenze della categoria a costo di deludere gli interessi di parte, delle associazioni di categoria perse tra rimborsi pedaggi e formazione, e delle lobby che incidono in modo determinante".

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