Un "settembre nero" di incidenti sul lavoro ha fatto diventare lo stabilimento un caso politico e sociale
È stato un "settembre nero" quello appena passato alla Fincantieri di Monfalcone in provincia di Gorizia. L’8 settembre, un italiano di 46 anni, impegnato nel turno del mattino, è stato investito da un carrello elevatore che gli ha schiacciato piede e caviglia, causando traumi talmente gravi da richiedere il trasferimento all’ospedale di Padova per interventi di ricostruzione. Il 22 settembre, nel giro di poche ore, quattro addetti del reparto salderia hanno accusato malori improvvisi, con sintomi come vertigini e svenimenti, che hanno fatto temere un’intossicazione. Non passa nemmeno un giorno ed il 23 settembre attorno alle 12 un lavoratore, impegnato all'interno del perimetro dei cantieri navali, è caduto da un'altezza di circa 3 metri, riportando traumi alle gambe e al rachide. Nessun decesso, ma lesioni anche gravi per le vittime di cadute e per intossicazioni. A fine agosto un cittadino del Bangladesh di 39 anni, è precipitato da un’altezza di due metri nel vano scale di un ponte in costruzione della nave Star Princess.
Leggendo questo vero e proprio cahier de doleance (qualcuno parla di "bollettino di guerra") viene da chiedersi: ma cosa succede in questo cantiere considerato uno dei fiori all'occhiello della fabbrica italiana guidata dal presidente Biagio Mazzotta e dall'ad Pierroberto Folgiero?
Che Fincantieri stia diventando un caso politico è ormai sulla bocca di tutti. Di fatto, subappalti e precarietà stanno trasformando quella che era un gioiello dell'industria pesante (a Monfalcone si fanno navi passeggeri e non c'è il militare) targato Cosulich che nel 1908 inaugurano il Cantiere navale triestino che nel 1966 passerà a Italcantieri e nel 1984 a Fincantieri. Ma i Cosulich, triestini (e genovesi) sono armatori vecchio stampo col pallino dell'attenzione alla responsabilità sociale d'impresa: oggi il cantiere occupa 1600 persone ma è diventato una specie di falansterio lavorativo dove convivono operai che sembrano sempre meno specializzati e, di conseguenza, sempre sempre più a rischio.
Sul banco degli imputati ci sono le misure di sicurezza sulle quali si appuntano sempre più le critiche di sindacati ed addetti ai lavori. Nello stabilimento come Fincantieri Genova, per esempio, gli incidenti sono limitati proprio da questo fatto: le misure di sicurezza vengono applicate severamente e quotidianamente. Anche qui, però, spiccano elementi "nocivi" come tanti subappalti e poca professionalità. È vero che Monfalcone ha lo stabilimento Fincantieri più grande d'Italia ma questo non giustifica nulla dal punto di vista della sicurezza sul lavoro e dell'utilizzo di persone straniere poco pratiche e, come tali, probabilmente poco pagate, utilizzate anche (ma non solo) per abbassare il costo del lavoro.
Ebbene di questo e di altro Mobilità.news ha parlato con Anna Cisint, deputato della Lega ed europarlamentare. Nata il 7 ottobre 1963 a Cormons (provincia di Gorizia) in Friuli Venezia Giulia si è laureata in Scienze politiche presso l’Università degli studi di Trieste. Ha avuto una carriera da dirigente comunale nei servizi finanziari e contabili nei Comuni di Grado, San Canzian d’Isonzo e Gorizia. Entrata in politica attiva con una lista civica legata al centrodestra nel 2011, nel novembre 2016 diventa sindaco di Monfalcone. Rieletta sindaco nel 2022 con una percentuale elevata, alle elezioni europee del 2024 viene eletta al Parlamento europeo.
Durante il suo mandato da sindaco ha assunto una linea molto marcata sull’immigrazione e l’integrazione, in particolare nel Comune di Monfalcone dove ha segnalato la presenza di una percentuale significativa di residenti stranieri. Oggi abita a pochi metri dallo stabilimento Fincantieri: non a caso la sua attività politica si rivolge anche a questo comparto che conosce ed intende difendere ma non a qualunque prezzo.
Sotto, la video-intervista: