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Il Copasir mette sul banco degli imputati Enel ed Eni

Allarme roso per le 2 aziende che avrebbero trattato "l'affare Mosca" in maniera non consona

Sulla crisi in Ucraina si fa largo un nuovo fronte italiano nella partita politica aperta negli ultimi giorni nella maggioranza di Governo. L'indizio è nella relazione che il Copasir ha inviato mercoledì al Parlamento. A finire sotto i riflettori politici è stata soprattutto Enel e, per ragioni diverse, Eni. Alcuni gruppi, si legge nella relazione, "avrebbero avuto atteggiamenti incoerenti, contradditori e ambigui con le società russe, non recependo tra l'altro le indicazioni formulate dall'esecutivo".

L'allarme lanciato dal Copasir rileva "scelte discutibili" che "non possono trovare giustificazione facendo leva su argomenti che richiamano l'autonomia delle imprese o le logiche di mercato. Si è di fronte ad aziende di natura strategica che, proprio per la diretta partecipazione da parte dello Stato, sono vincolate a doveri più stringenti, soprattutto in una fase complessa come quella che si sta vivendo". La commissione non fa riferimento soltanto alle partecipate, dal momento che ha richiesto un'informativa al Dis sulle aziende italiane che, sfruttando la triangolazione con altri paesi dell'ex Unione sovietica, starebbero eludendo le sanzioni.

In sostanza sul banco degli imputati, in questo momento, siederebbero i manager delle 2 società, ossia Francesco Starace per Enel e Claudio De Scalzi per Eni. La colpa? Avrebbero cercato di prodigarsi accanto al premier Mario Draghi per aprire nuovi canali per reperire fonti energetiche. Il problema è il contesto in cui si sono sviluppati questi sforzi.

Di fatto, sembra si imputi a Enel di non essersi messa fino in fondo a disposizione delle politiche pubbliche nella prima fase emergenziale. Enel sedette davanti a Putin non dando ascolto al Governo, che aveva esplicitamente fatto sapere di non gradire quella partecipazione. "Avevamo preso un impegno e non c'era niente di compromettente", ha spiegato Starace davanti al Copasir il 16 marzo scorso. Evidentemente, però, non la pensano allo stesso modo i rappresentanti del Governo.

Non solo. L'Esecutivo imputa a Enel un ritardo nel comprendere la fase "invasione" decisa da Putin e una poco comprensibile lentezza nel dismettere le posizioni in Russia: il colosso energetico, lo ricordiamo, ha una società a Mosca, partecipata dal Fondo Sovrano.

Altro discorso per Eni. Qui, non entra in gioco il rapporto con Mosca: l'ad Descalzi, infatti, sembra essersi messo al vento ricercando nuove fonti di approvvigionamento, cioè nuovi paesi partner: tra gli altri, Congo, Angola, Algeria. L'atteggiamento è stato apprezzato da Draghi ma la cosa non sembra sufficiente: Descalzi, infatti, da parte sue non avrebbe gradito la tassa sugli extraprofitti voluta dall'esecutivo, il Governo, invece, rivendica la mossa.

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