La Cina ha iniziato ad applicare un nuovo regime di tasse portuali speciali alle navi di proprietà o gestite da imprese, organizzazioni e individui statunitensi.
Il Ministero dei Trasporti cinese ha annunciato dieci misure attuative con l’obiettivo di tutelare gli interessi dell’industria navale nazionale, messa sotto pressione dalle analoghe sanzioni varate dagli Stati Uniti, anch’esse operative da oggi.
Secondo quanto stabilito, le navi statunitensi idonee che attraccheranno nei porti cinesi dovranno versare una tassa iniziale di 400 yuan per tonnellata netta (circa 56 dollari), che crescerà progressivamente fino a raggiungere 1.120 yuan a partire dal 17 aprile 2028.
La misura si applica non solo alle navi battenti bandiera americana, ma anche a quelle gestite da entità statunitensi, a quelle di proprietà o sotto controllo Usa superiore al 25%, e persino alle navi costruite negli Stati Uniti.
Si tratta, di fatto, di una mossa speculare rispetto a quella adottata da Washington ai sensi della Sezione 301, che impone dazi e restrizioni contro le industrie marittime, logistiche e cantieristiche cinesi. L’obiettivo americano è contrastare il predominio di Pechino nel settore: secondo le stime del think tank Csis, gli Stati Uniti detengono appena lo 0,1% della quota mondiale nella cantieristica navale, a fronte di oltre il 50% controllato dalla Cina.
Nei giorni scorsi, il Ministero dei Trasporti di Pechino ha duramente contestato le misure statunitensi, accusando Washington di “violare gravemente i principi del commercio internazionale e l’Accordo sui trasporti marittimi Cina-Usa”, e di “compromettere seriamente il commercio marittimo bilaterale”.