Il dossier è finito ufficialmente sul tavolo delle compagnie e delle Stazioni Marittime: la proposta di un contributo di tre Euro a passeggero ha acceso il dibattito sul futuro della portualità passeggeri genovese (vedi Mobilita.news).
Oggi il traffico-passeggeri è concentrato soprattutto su due operatori di linea (Gnv e Moby) e sul segmento crociere, dominato da Msc ed in misura minore da Costa ed altri armatori. Complessivamente sono circa 4 milioni gli utenti annuali interessati: a tre Euro l’uno si tratterebbe di un gettito intorno ai 12 milioni, ma il vero impatto potrebbe essere competitivo, non solo contabile.
Nel comparto marittimo vale una regola pratica: il mercato comanda. Le navi possono spostare approdo con relativa agilità scegliendo porti alternativi; le banchine no. Operatori ed autorità portuali temono che, a fronte dell’aggravio tariffario, servizi rotta-rotte —in particolare i collegamenti per la Sardegna— possano migrare verso scali concorrenti come Livorno, mentre crociere e grandi navi potrebbero privilegiare La Spezia. Pur non essendo una transizione immediata —infrastrutture e bacini di utenza differiscono— una volta avviata la delocalizzazione sarebbe difficile tornare indietro, con effetti a catena su compagnie, turismo, passeggeri e sull’indotto portuale, inclusi i servizi di assistenza gestiti oggi da operatori come la Culmv. Non è la prima volta che un’idea simile solleva allarmi: il vicesindaco reggente Pietro Piciocchi aveva già arretrato in passato. Altri esempi nazionali mostrano iter complessi: Venezia ha subito un blocco dal Consiglio di Stato ma intende riproporre la misura; Napoli ha introdotto un contributo aeroportuale di due Euro; Palermo ha scelto di non gravare i viaggiatori.
Se approvata, Genova rischierebbe di detenere uno dei balzelli più elevati per passeggero in Italia, con implicazioni strategiche per la competitività dello scalo.