La bozza aggiornata della riforma dei porti ridefinisce l’architettura della futura Porti SpA separando nettamente le strutture dedicate alle funzioni di interesse pubblico da quelle orientate al mercato. Il testo, che sarà discusso in consiglio dei ministri su impulso del ministro Matteo Salvini, introduce paletti stringenti per evitare trasferimenti incrociati di risorse e conflitti d’interesse: alla società sarà vietato svolgere attività di progettazione, consulenza, studi e servizi di ingegneria che possano interferire con operatori concessionari. Scompare la formulazione che obbligava il ministero a reperire 500 milioni dagli avanzi delle Autorità portuali: ora si parla di una “concorrenza massima” di 500 milioni e sono stati eliminati i commi che imponevano versamenti perentori entro 30 giorni. La scelta riflette una rilettura più prudente dei conti territoriali dopo che le stime sugli avanzi complessivi si sono rivelate inferiori alle aspettative (la precedente stima era intorno a 803,9 milioni).
Nel dossier circola anche l’ipotesi di un ingresso delle Ferrovie dello Stato nel capitale della nuova società: niente lo vieterebbe formalmente, visto che Fs è partecipata al 100% dal Mef e molte opere portuali hanno ricadute ferroviarie ed intermodali. Tuttavia la bozza contiene garanzie che limiterebbero potenziali conflitti, utili qualunque sia il partner pubblico che venga cooptato. Altre novità procedurali: l’elenco delle infrastrutture strategiche prioritarie sarà sottoposto a procedure Via-Vas e le direttive del ministero dovranno recepire il parere della Conferenza Stato‑Regioni per gli interventi regionali. Vengono inoltre mitigate le regole sui bilanci delle Autorità (soppressione dopo tre esercizi negativi in quattro anni invece che due in tre) e chiarito che i rappresentanti del ministero e di Porti SpA nei comitati di gestione presenzieranno a titolo gratuito. Infine, il trasferimento del personale verso Porti SpA comprenderà anche le relative risorse finanziarie per il trattamento retributivo.