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I cambiamenti climatici costano 178 mila miliardi

Paesi ricchi, emissioni, trasporti: aumenta il conto già salato. Serve la decarbonizzazione

Oltre 178 mila miliardi di dollari. È questo il costo del cambiamento climatico che ci prepariamo ad affrontare nei prossimi cinquant’anni, a livello globale. È un costo altissimo ed è causato principalmente dai paesi ad alto reddito: nonostante questo, colpisce i più poveri, imponendo loro costi che non sono in grado di coprire. È questo il risultato del report "Global turning point report 2022" di Deloitte e dal focus dedicato al tema dalla fondazione Openpolis, entrambi riportati da quotidiano Italia Oggi.

Le colpe maggiori le hanno i paesi ad alto reddito come quelli dell'Ue e Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Giappone e Israele, molti stati della penisola arabica e vari territori occidentali oltremare: sono loro a emettere anidride carbonica in misura significativamente maggiore rispetto ai paesi più poveri le cui emissioni ammontano all’1% di quelle dei paesi ricchi. 

Come rileva Oxfam, l’Africa ospita il 17% della popolazione mondiale ma è responsabile solo del 4% del totale delle emissioni a livello globale: rapporto capovolto nel caso dei paesi più ricchi che contribuiscono per il 37% delle emissioni globali pur ospitando il 15% della popolazione. Gli esperti di Openpolis citano come esempio proprio l’Italia che con circa 325 milioni di tonnellate di CO2 emesse ogni anno pesa più del Pakistan (208 milioni), un paese con una popolazione circa quattro volte più grande ma meno dell’Arabia saudita (515 milioni) che ha appena 34 milioni di residenti. 

La decarbonizzazione, a questo punto, diventa fondamentale in tutti i settori, primo fra tutti il trasporto merci e persone. Lo hanno detto e lo ripetono gli analisti di Deloitte, secondo cui "per mitigare i costi causati dai mutamenti del clima occorre mettere in campo azioni mirate per accelerare rapidamente il processo di decarbonizzazione". Questo, dice Deloitte, potrebbe generare fino a 43 trilioni di dollari di benefici aggiuntivi nei prossimi cinque decenni. 

"Un cambiamento negli stili di vita, di consumo e di produzione, unito a un riorientamento dei flussi di capitale e a un ricorso massiccio alle nuove tecnologie, sono elementi fondamentali per mantenere l’aumento della temperatura media terrestre entro 1,5°C a fine secolo, traguardo ancora raggiungibile se agiamo con determinazione fin da ora", sottolinea Stefano Pareglio, independent senior advisor di Deloitte. 

Secondo il report di Deloitte, sono quattro gli elementi chiave su cui agire per favorire la decarbonizzazione a livello globale:

  1. La collaborazione tra settore pubblico e privato per la costruzione di politiche efficaci;
  2. Gli investimenti da parte delle imprese e dei governi per promuovere cambiamenti strutturali nell’economia globale tali da privilegiare le industrie a basse emissioni e accelerare la transizione verde; 
  3. L’impegno in ogni area geografica a gestire i rispettivi "turning points", ossia il momento in cui i benefici della transizione verso la neutralità carbonica superano i corrispondenti costi;
  4. I sistemi economici e sociali locali devono promuovere un futuro più sostenibile, ovvero un’economia decarbonizzata in grado di crescere a tassi maggiori rispetto a una equivalente economia carbon-intensive. 

Tutte indicazioni in linea con le evidenze del VI Assessment report - WG II dell’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc). Il Mediterraneo si è riscaldato e continuerà a riscaldarsi più della media mondiale, già oggi la temperatura media è di +1,5°C rispetto al livello preindustriale, contro una media globale di +1,1°C. Nei prossimi 50 anni, secondo il report di Deloitte "Italy’s Turning Point - Accelerating New Growth On The Path To Net Zero 2021", tale scenario costerà circa 115 miliardi di dollari al 2070, l’equivalente di una caduta del 3,2% del pil al 2070. 

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