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Crisi Mar Rosso: supply chain ed inflazione

Patuelli (Abi): "Rischio che conflitto blocchi canale Suez, costringendo navi a circumnavigare l'Africa"

È allarme sui traffici commerciali marittimi nel Mar Rosso a causa dei continui attacchi da parte dei miliziani yemeniti Huthi contro navi dirette verso i porti di Israele. Ciò ha determinato la rottura delle filiere di approvvigionamento, l'aumento dell'inflazione e dei costi della benzina. Varie associazione di categoria denunciano come l'escalation di violenza in Medio Oriente fra israeliani e palestinesi si stia abbattendo sulle nostre tasche. 

"Il problema principale" per l'economia "è il rischio che il conflitto mediorientale si ampli, si allarghi e che blocchi perfino il Mar Rosso ed i due canali di Suez, costringendo i commerci a circumnavigare l'Africa invece che passare da Suez. Questo porterebbe forti rischi di innalzamento di costi, di ripresa di inflazione, e quindi di raffreddamento di questa tendenza" al ribasso dei tassi di mercato, ha affermato Antonio Patuelli, presidente di Associazione bancaria italiana (Abi). 

L'associazione Assoutenti, che tutela i diritti dei consumatori, ha calcolato i possibili impatti della crisi mediorientale sulle tasche dei cittadini: un aumento ipotetico del +10% del prezzo medio della benzina a 1,950 Euro al litro è equivalente ad una maggiore spesa su base annua pari a +213 Euro a famiglia. Inoltre, secondo le stime di Allianz Trade, un raddoppio dei costi di spedizione farebbe salire l'inflazione del +0,7% in Europa e negli Stati Uniti, in media il +0,5% nel mondo. 

Coldiretti sottolinea invece che le difficoltà nella navigazione mettono a rischio circa 500 milioni di esportazioni di frutta e verdura Made in Italy dirette verso i porti del Medio Oriente, dell'India e del Sud-est asiatico: circumnavigare il continente africano a causa della mancanza di sicurezza nello stretto di Suez, allungherebbe i tempi di trasporto da circa 28 giorni a più di 40 giorni.

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