"Qualsiasi cosa deciderete, farete giurisprudenza": con questa frase il pm Walter Cotugno ha chiuso la requisitoria nel processo sul crollo del ponte Morandi, riportando al centro la posizione dell’ex-amministratore delegato di Autostrade, Giovanni Castellucci, figura simbolo dell’inchiesta ed allora volto del gruppo dei Benetton.
Sette anni dopo la tragedia, davanti alla Corte —ed alle famiglie delle 43 vittime— si discute non solo di fatti tecnici ma di principio: la responsabilità penale del vertice aziendale quando le scelte organizzative ed i modelli di sorveglianza mettono a rischio l’infrastruttura e le persone. Il pm ha puntato sul concetto di colpa cosciente: secondo l’accusa, le scelte sistematiche privilegiate dalla dirigenza avrebbero ridotto la sicurezza delle opere viarie.
Cotugno ha parlato di anni di decisioni che hanno favorito il profitto sul controllo strutturale, citando centinaia di difetti nelle gallerie che avrebbero imposto la chiusura del traffico e documenti falsificati che avrebbero mascherato il deterioramento dei manufatti. L’esito, per l’accusa, è stato il collasso catastrofico del Morandi, con conseguenze ben oltre le vittime, la paralisi della viabilità genovese e ripercussioni sul traffico portuale. La richiesta del pm invoca il massimo della pena previsto per l’omicidio stradale aggravato dalla mancata osservanza delle norme di sicurezza sul lavoro, fondandosi sulla scelta consapevole di assumere il rischio. Le istanze riguardano in totale 57 imputati, con richieste di pena variabili in relazione ai ruoli ed ai comportamenti contestati; per alcuni destinatari si propongono condanne nell’ordine di anni significativi, tra cui una pena rilevante per Paolo Berti.
Tra i familiari, Egle Possetti è emersa come voce di riferimento: "Una condanna è fondamentale", ha dichiarato. Resta l’incognita che Castellucci, raggiunti i 70 anni nel 2029, possa sottrarsi al carcere con misure alternative. Al momento è detenuto per un altro procedimento, il crollo del 2013 ad Avellino che provocò 40 vittime. La Corte ora dovrà decidere, e la sentenza avrà implicazioni che superano il singolo caso: definirà se e come il diritto penale può raggiungere le scelte strategiche dei manager nelle infrastrutture critiche.