Nel mondo dei trasporti esiste da qualche tempo una preoccupante carenza di personale: le risorse che mancano più di tutte sono probabilmente quelle importanti all'interno della catena di logistica e distribuzione: gli autisti, quelli che le merci le devono spostare dal punto A al punto B. Di questa particolare emergenza in termini di risorse umane ne sa qualcosa Arriva Italia, uno dei principali operatori di trasporto pubblico nel Paese. Nonostante sia un'azienda attiva nel suo settore di riferimento, non riesce ad assumere autisti; eppure, le sue condizioni di lavoro sono invitanti per chi cerca un impiego: ottimo stipendio (tra i 17 ed i 19 mila Euro annui) e formazione continua grazie ad una academy interna. Le domande di lavoro però scarseggiano: "Siamo sotto di oltre cento, centocinquanta unità -afferma l'amministratore delegato di Arriva Italia, Angelo Costa. Siamo stati addirittura costretti a sub-affidare parte del servizio per poterlo garantire. Qui, tra le bollette e la crisi del Covid siamo stretti nella morsa di almeno tre fuochi".
Secondo Costa, i motivi dietro questa crisi di lavoro vanno ricercati in due precise cause: "La prima è il reddito di cittadinanza: sul breve periodo, ossia negli anni già recenti, ha costruito ad ingigantire una situazione già in partenza poco facile. Non dico che sia la causa principale perché questo è un problema che c'è anche all'estero, ma ho fatto colloqui con persone che lo hanno ammesso candidamente, come se fosse normale. "No, non mi conviene lavorare". I dipendenti, quando sono magari percettori di un reddito statale e con qualche lavoretto in nero riescono a mettere assieme più di quello che puoi proporgli tu, tra tasse, contributi e ferie pagate. Sacrosanti, per carità. Sia le ferie pagate che i contribuiti (sulle tasse, vista la pressione fiscale che ci ritroviamo, qualche dubbio è lecito), però il punto è un altro. È che il 'bonus' di Conte e di Di Maio più che la povertà, ha abolito la voglia di rimboccarsi le maniche. Questo scenario è disincentivante".
La seconda causa invece, che secondo l'amministratore spiega la carenza di personale, è di carattere tecnico: "Nelle generazioni precedenti era possibile ottenere la patente per i mezzi pesanti durante il servizio di leva. Facevi il carrista, ti prendevi la licenza e, una volta a casa, potevi usarla per scopi civili. Non è una bazzecola. Può arrivare a costare anche 4500 Euro, è un investimento che si fa per il futuro. Tant'è che uno degli strumenti che noi mettiamo a disposizione dei nostri dipendenti è proprio l'academy interna che unisce la formazione e la presenza in azienda. A Bergamo ed a Trieste abbiamo già avviato dei progetti simili, a Brescia ne partirà uno a breve".