Nei porti europei solo il 20% delle infrastrutture elettriche a terra richieste dall'Unione europea è stato installato o messo in funzione: presso gli scali, quindi, la maggior parte delle navi continua a bruciare combustibili fossili. Lo afferma uno studio realizzato dalla fondazione Dnv per Transport & Environment (T&E), organizzazione indipendente europea per la decarbonizzazione dei trasporti.
La percentuale è bassa, considerando anche che nell'ambito del Green Deal europeo i porti dell'Unione devono installare le infrastrutture necessarie per fornire elettricità da terra alle navi entro il 2030. Questo contribuirebbe alla riduzione delle emissioni, che riguardo allo shipping europeo per oltre il 6% vengono prodotte proprio in porto. Le navi non rilasciano solo CO2, ma anche elevate quantità di ossidi di zolfo (SOx), ossidi di azoto (NOx) e particolato (PM), che possono avere effetti sulla salute umana.
L'Italia però si distingue tra i 31 Paesi europei considerati: Genova e Livorno si trovano tra i quattro scali che hanno il maggior numero di connessioni Ops (Onshore Power Supply, i sistemi di collegamento alla rete elettrica a terra), insieme ad Algeciras e Amburgo. Anversa, Dublino, Danzica e Lisbona, invece, non hanno ancora nessuna infrastruttura elettrica di collegamento a terra; Rotterdam, Barcellona, Valencia, Bremerhaven e Le Havre presentano risultati deludenti. I porti che hanno installato o appaltato più della metà delle connessioni richieste sono Algeciras, Livorno, Świnoujście e La Valletta.