A Taranto il collettivo Taranto per la Palestina ha organizzato un sit‑in con volantinaggio davanti all'accesso est del porto per opporsi all'approdo della nave-cisterna SeaSalvia. La mobilitazione richiama quanto avvenuto il 26 settembre, quando la stessa imbarcazione era stata autorizzata ad imbarcare circa 30.000 tonnellate di greggio: secondo sindacati ed associazioni locali quel carico sarebbe stato dirottato verso l'aviazione militare israeliana.
Dopo la precedente sosta a Taranto la SeaSalvia aveva fatto rotta verso l'Egitto. Il movimento sostiene che la nave sarebbe tornata per effettuare un nuovo rifornimento nel porto jonico, alimentando così —a loro avviso— un nesso tra l'uso strategico delle rotte petrolifere ed operazioni militari. I manifestanti, insieme ai Cobas, denunciano la decisione delle autorità portuali e della Capitaneria di permettere l'attracco, nonostante misure di chiusura e controlli, e hanno insistito nel rendere pubbliche informazioni che definiscono altrimenti occultate. Nel comunicato del collettivo la SeaSalvia è descritta come simbolo della continuità tra lo sfruttamento coloniale dei territori palestinesi e l'estrazione e movimentazione di idrocarburi che, secondo gli attivisti, ha impoverito e avvelenato aree come quella tarantina.
"Consentire l'ormeggio è rendere la città parte della stessa logica", dichiarano, aggiungendo che è urgente "spezzare la complicità per costruire la resistenza". Dal punto di vista operativo, la vicenda richiama questioni di tracciabilità delle merci, controllo degli estremi di carico e delle destinazioni finali, nonché della responsabilità istituzionale nella gestione degli scali mercantili strategici. Le autorità portuali non hanno rilasciato chiarimenti pubblici oltre alle già citate chiusure amministrative.