La lobby degli stabilimenti balneari ha vinto a metà. Come diciamo da giorni, l'ultima volta ieri (La lobby dei balneari in dirittura d'arrivo sul Governo), nel braccio di ferro tra Governo e balneari, le barricate alzate da questi ultimi hanno ottenuto qualche effetto ma non tutti quelli desiderati. Se l'obiettivo era quello di annullare le gare per le nuove concessioni, diciamolo subito, la lobby dei balneari ha perso la battaglia. Dopo avere bloccato per giorni il Ddl Concorrenza, infatti, gli stabilimenti hanno ottenuto solo lo scopo di allungare il brodo.
L’emendamento che consente di rinviare le gare di un anno al massimo e solo in casi particolari, infatti, passerà alla commissione Bilancio del Senato per il parere e domani mattina dovrebbe essere approvato in commissione Industria che completerà l’esame del Ddl Concorrenza. Lunedì prossimo, 30 maggio, il provvedimento deve andare in aula per l’approvazione: l’obiettivo comune dei partiti è quello di evitare che Palazzo Chigi, come ventilato dal premier Mario Draghi, blindi il testo base ponendo la fiducia.
Il premier, però, se ha voluto approvare il Ddl Concorrenza il premier Draghi, alla fine, ha dovuto concedere qualcosa. Il testo finale, infatti, rinvia ai decreti attuativi per quanto riguarda la definizione degli indennizzi per i gestori che non otterranno il rinnovo quando dal 2023 scatterà la messa a gara. Rispetto a tre giorni fa, scompaiono i riferimenti al valore dei beni, a perizie e scritture contabili: resta in ballo solo la previsione che andranno definiti "criteri uniformi per la quantificazione dell’indennizzo da riconoscere al concessionario uscente, posto a carico del concessionario subentrante". I dettagli dopo le amministrative, che sono il 12 giugno in posti centrali per il business come Genova, Palermo, Riccione, Forte dei Marmi, Sabaudia, San Felice al Circeo, Arzachena e Stintino.
La bozza su cui la maggioranza ha trovato l’accordo prevede che le ragioni per l’eventuale deroga rispetto all’obbligo della messa a gara entro la fine del 2023 (e possibilità di rinvio al massimo al 31 dicembre 2024) devono essere "oggettive", e connesse, a titolo esemplificativo, "alla pendenza di un contenzioso o a difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa". In questi casi ai Comuni serve un "atto motivato" per far slittare il bando, che peraltro può andare oltre i termini previsti "per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2024".
Il ministro delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, inoltre, stabilisce la bozza, "trasmette alle Camere, entro il 30 giugno 2024, una relazione concernente lo stato delle procedure selettive al 31 dicembre 2023: in essa sarà evidenziato l’esito delle procedure concluse e le ragioni che ne abbiano eventualmente impedito la conclusione". Inoltre, il ministero trasmette altresì alle Camere "una relazione conclusiva alle Camere, entro il 31 dicembre 2024, relativa alla conclusione delle procedure sul territorio nazionale".