C'è una nave ferma dal 27 agosto in rada nel porto di Trieste. Si tratta del mercantile "Uhl Fusion", che batte bandiera portoghese, aspetta di attraccare. Non può attraccare perché il materiale che dovrebbe caricare e portare fino in Corea del Sud è bloccato da sei mesi nei piazzali lungo il canale merci, in riva Giovanni da Verrazzano. Tutto a causa della protesta dei lavoratori triestini che stanno per essere licenziati e chiedono un piano di salvataggio.
Si tratta di 12 motori prodotti dallo stabilimento Wärtsilä, la multinazionale finlandese che il 14 luglio ha avviato la procedura di licenziamento per 451 persone, con la conseguente chiusura definitiva della sua fabbrica triestina (la ex-Grandi Motori comprata alla fine degli anni ’90 durante la stagione delle privatizzazioni). Prodotti acquistati per oltre 30 milioni di Euro dalla sud-coreana Daewoo che dovrebbe montarli sulle sue navi gasiere.
"Se la Wärtsilä sostiene che la prevista chiusura dello stabilimento è fatta, testuale, 'nel pieno rispetto della normativa italiana', Trieste, a sua volta nel pieno rispetto della normativa, non fa partire i 12 motori", è la protesta dei delegati sindacali di Fim, Fiom ed Uilm che presidiano la fabbrica. "Finché tiene la filiera portuale i motori non si muovono. Lo sciopero, fino a prova contraria, è un diritto costituzionalmente garantito", conclude il delegato Uilm, Giacomo Viola.