È un quadro in chiaroscuro quello offerto dal report Istat intitolato "Ambiente urbano anno 2020". *-I primi dati sono già esplicativi e non inducono all'ottimismo: nel 2020, infatti, è crollata del 47,9% la domanda di trasporto pubblico locale, anche se non si sono arrestati gli investimenti nella mobilità urbana. Crescono i bus a basse emissioni, le reti di tram e filobus e, in 22 capoluoghi, i servizi di micromobilità elettrica ampliano l`offerta di mobilità condivisa.

Le reti più sviluppate in rapporto alla superficie urbanizzata sono quelle tranviarie di Milano con 121,8 chilometri per 100 km² e di Torino, con 64,6 km per 100 mm²: seguono le metropolitane di Milano e Brescia con, rispettivamente, 48,9 e 25,6 km per 100 km², insieme alle reti filoviarie di La Spezia e Bologna (121,5 e 99,1 km per 100 km²).

Nel complesso, però, secondo il report Istat, resta carente la dotazione infrastrutturale dei comuni capoluogo dove risiede circa il 30% della popolazione nazionale: in 81 città, ossia in tre su quattro città italiane, fra cui Bari e Reggio di Calabria, l`autobus è l`unica modalità di trasporto pubblico locale disponibile oppure rappresenta oltre il 99% dell`offerta. In altri 22 comuni, fra cui Genova, Bologna, Firenze, Palermo, Messina, Catania e Cagliari, il tpl copre più di due terzi dell`offerta complessiva.

Soltanto sei città della Penisola dispongono di un`offerta più diversificata: 

1. Milano, dove il 65,1% è fornito dalla metropolitana e un altro 15,3% da tram e filobus;
2. Napoli, con 64,3% metropolitana, 7,1% tram, filobus e funicolare;
3. Roma, con il 56,9% metropolitana, 4,4% tram e filobus); 
4. Venezia (42,2% trasporti per vie d`acqua, 9,8% tram); 
5. Brescia (40% metropolitana);
6. Torino (22,9% tram, 21,4% metropolitana).

I servizi di autobus, dunque, sono quelli che forniscono la maggior parte dell`offerta di Tpl: il 53% dei posti-chilometro, ma oltre il 90% fuori dalle città metropolitane. A questo punto, rileva l'Istat, è ovvio che il rinnovamento del parco circolante giochi un ruolo centrale per la sostenibilità della mobilità urbana. Anche su questo fronte, nel 2020, si osservano progressi. Ma, anche su questo fronte, si notano punto dolenti, come il numero dei veicoli in esercizio che continua a diminuire: -3,8% sul 2019 e -6,1% dal 2015.

Gli autobus a basse emissioni, con alimentazioni alternative al gasolio, sono il 30,8% del totale, in aumento del 2,7% rispetto al 2019 e del 7,3% rispetto al 2015. Sono, perlopiù, veicoli alimentati a metano o gpl: gli autobus elettrici o ibridi sono ancora una piccola minoranza, pari al 4,6% del totale. Tra il 2015 e il 2020, tuttavia, la flotta dei veicoli a gas è cresciuta del 12,4%, mentre quella dei bus elettrici e ibridi è quasi triplicata (+177,2%).

Fra i capoluoghi di città metropolitana, la quota dei bus a basse emissioni è variabile: supera il 60% a Bologna, Catania e Bari. Presenta, invece, valori molto inferiori alla media dei comuni capoluogo di Genova, Milano, Firenze, Roma, Napoli, Reggio di Calabria, Messina e Cagliari

Non solo. Va peggio se guardiamo agli standard dei bus: la percentuale degli autobus conformi allo standard Euro 6, ossia il più avanzato, in vigore dal 31 dicembre 2012, sale al 37,8%, quasi sei punti percentuali in più rispetto al 2019. Va bene, ma il resto del parco circolante si divide in parti uguali fra i veicoli Euro 5 (sono il 31% e sono in vigore dal 31/12/2007) e quelli ancora più obsoleti, in classe Euro 4 o inferiore, che sono un corposo 31,2%.

Secondo Istat, la tendenza è positiva in tutte le ripartizioni, ma le differenze territoriali restano marcate: i bus Euro 6 sono il 41% del totale nel Nord, il 35,6% nel Centro e il 32,5% nel Mezzogiorno; quelli in classe Euro 4 o quelli ancora più vecchi sono il 29,2% nel Nord, il 30,7% nel Centro e il 37% nel Mezzogiorno: ma, fa notare Istat, sono il 46,8% nel Sud e solo il 21% nelle Isole.

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